Suggerimenti sulla registrazione

Un marchio deve assolvere alla funzione di contrassegno atto a identificare agli occhi dei consumatori i prodotti o i servizi di una impresa e a distinguerli da quelli analoghi o affini di altre imprese. Tale capacità distintiva corrisponde a uno dei principali requisiti di validità di un marchio previsti dalla legge e di essa occorre tener conto ogni volta si proceda all’ideazione di un nuovo segno distintivo.

Per favorire il miglior successo di un nuovo marchio anche da un punto di vista commerciale si cerca, nella sua ideazione, di conferire ad esso oltre alla predetta capacità distintiva altre qualità quali quelle di essere semplice, attraente, facile da riconoscere, da pronunciare, da imprimersi nella memoria del pubblico, etc.

Inoltre, tenuto conto che al consumatore interessa distinguere un prodotto dall’altro principalmente in relazione alle sue caratteristiche e qualità, si cerca spesso di affidare al marchio anche una funzione per così dire “pubblicitaria”

del prodotto o servizio contrassegnato, vale a dire evocatrice, in qualche misura e in modo più o meno suggestivo, delle sue qualità.

Anche se frequentemente il titolare del marchio attribuisce importanza primaria a tale funzione “pubblicitaria” essa non può essere implementata in modo indiscriminato, potendo la medesima, se non realizzata oculatamente, risultare incompatibile con la suddetta capacità distintiva richiesta dalla legge.

Tuttavia nella pratica sovente si verifica che chi è preposto all’ideazione di un nuovo marchio abbia più presente i suoi requisiti di carattere commerciale che non quelli di carattere tecnico-legale.

Ciò spiega perché il cimitero dei marchi sia tanto affollato da marchi aventi funzione meramente descrittiva dei prodotti o servizi contrassegnati, vale a dire da marchi che, quanto alla loro validità legale, risultano nati morti.

Il Requisito della Capacità distintiva

Come già ricordato un marchio, stando al requisito legale della sua capacità distintiva, deve essere idoneo a identificare agli occhi dei consumatori i prodotti o servizi di una impresa e a distinguere i medesimi da quelli analoghi o affini di altre imprese (cfr. Art.16 legge marchi).

La legge evidenzia alcune condizioni rappresentanti il presupposto di detta capacità distintiva: in sostanza il segno deve risultare nuovo nel settore dei prodotti identici e affini (Art.17) e non costituito esclusivamente da denominazioni generiche di prodotti o servizi o da indicazioni descrittive dei medesimi (Art.18), salvo una acquisizione di fatto della capacità distintiva a seguito di pubblicità e intenso uso (Art.47 bis).

Dette disposizioni di legge trovano riscontro in un principio giurisprudenziale ormai consolidato secondo cui il marchio, oltre a risultare nuovo, non deve svolgere una funzione intrinsecamente descrittiva del prodotto, non deve presentare una immediata aderenza concettuale con lo stesso, ma deve essere improntato ad arbitrarietà e fantasia.

Naturalmente il carattere distintivo di un marchio può essere presente in maggior o minor misura.

Infatti quanto più il marchio è improntato ad arbitrarietà e fantasia, non risulta descrittivo delle caratteristiche del prodotto e si differenzia dai marchi anteriori dello stesso settore merceologico, tanto più spiccato risulta il suo carattere distintivo.

Viceversa se la sua funzione si riduce ad essere meramente descrittiva o gli scostamenti dai marchi anteriori risultano così lievi da renderlo confondibile con gli stessi, la sua capacità distintiva, e quindi anche la sua validità, viene a mancare.

Capacità Distintiva e Difesa dalle Imitazioni

La capacità distintiva di un marchio non solo condiziona la sua validità ma gioca anche un ruolo alquanto rilevante nella difesa dalle sue imitazioni.

Ciò trova spiegazione nel fatto che l’esclusiva sull’uso del marchio registrato non si estende a qualsiasi sua imitazione ma solo a quelle imitazioni suscettibili di creare un rischio di confusione (Artt.1 e 13 l.m.).

Questo rischio di confusione non può cadere sulle parti aventi carattere meramente descrittivo o comuni ai marchi anteriori ma su quelle dotate di originalità, adempienti a funzione individualizzante, costituenti il c.d. “cuore” del marchio.

Quindi se il marchio è dotato di spiccato carattere distintivo l’imitazione anche parziale del suo “cuore” può determinare la confondibilià dei segni e quindi la contraffazione.

Viceversa se il carattere distintivo è assai modesto, in quanto relativo ad espressioni di chiara affinità concettuale con le qualità del prodotto o che si riducono a lievi modifiche di espressioni descrittive o di marchi anteriori, allora modifiche o aggiunte anche lievi al marchio possono valere ad escludere la confondibilità nei suoi riguardi, per cui il marchio non riceve tutela se non a fronte di pedissequa imitazione.

Si può dire in altre parole che il titolare di un marchio non può pretendere che altri mantengano dal suo segno distintivo una distanza maggiore di quella rispettata dal suo marchio nei confronti delle espressioni descrittive o dei marchi anteriori.

La difesa alquanto limitata che possono ricevere i marchi dotati di modesta distintività e la più ampia tutela di cui al contrario godono i marchi di spiccato carattere distintivo giustifica la diversa qualifica di “marchi deboli” e rispettivamente di “marchi forti” loro attribuita in giurisprudenza.

Pur risultando a volte i giudizi giurisprudenziali opinabili o discordi vengono qui di seguito riportati alcuni esempi diretti ad illustrare come trovino applicazione pratica i principi sopra espressi.

Marchi Nulli

Sono state giudicate inidonee a costituire valido marchio per il loro carattere meramente descrittivo le espressioni “il panettone buono e basso”, “officina botanica”, “ritmo latino”, “acqua di camomilla”, “prevenzione-salute”, “oggi sposi”, “vendicasa”, “lavalana”, “monouso”, “semiflex”, “party service”. Per lo stesso motivo sono stati giudicati non distintivi gli slogan “il sapore della freschezza”, relativo a un prodotto alimentare, e “l’insetticida che non perdona”.

Sono state invece giudicate non distintive in quanto traducentisi in una generica rivendicazione di qualità le parole “leader”, “extra”, “super”, “lusso”, “reale”, “standard” utilizzate in relazione a qualsiasi prodotto.

Sono stati inoltre giudicati non distintivi i segni “brisk”, “disk” e “dis” in quanto confondibili con marchi anteriori “frisk”, “frish” e “dish”.

Marchi Deboli

Come già accennato i “marchi deboli” sono da intendere i marchi di modesta capacità distintiva, consistenti in espressioni di chiara affinità concettuale con le qualià del prodotto o traducentisi in lievi alterazioni di espressioni descrittive (i c.d. “marchi espressivi”) ovvero consistenti in lievi modifiche di marchi anteriori.

In considerazione del limitato potere distintivo derivante dalla loro componente descrittiva sono stati giudicati fra loro non confondibili “filtravedo” e “filtralux”, “calmomilla baby” e “calma babi”, “la gomma cancellapensieri” e “il chewingum che cancella la tensione”, “lisomucil” e “fluimucil”, “playmen” e “playboy”.

A motivo del limitato potere distintivo dovuto invece all’esistenza nello stesso settore merceologico di numerosi marchi anteriori con prefisso “ria” e suffisso “en” sono stati giudicati fra loro non confondibili “riacen” e “riaven”.

Marchi Forti

Vengono citati alcuni esempi di marchi cui è stato attribuito spiccato carattere distintivo.

Fra i marchi verbali del tutto improntati ad arbitrarietà e fantasia si ricordano Kodak, Rolex, Longines.

Fra i marchi verbali costituiti da una parola del linguaggio comune cui è stata attribuita forte distintività a motivo dell’accostamento concettuale col prodotto di tipo essenzialmente indiretto, originale e suggestivo in quanto frutto di traslazione allusiva, si citano “pastorella” per prodotti caseari, “malizia” per biancheria intima femminile, “veterano” per un brandy, “salvagente” per articoli di vestiario.

Fra i marchi esclusivamente figurativi si citano la figura di un gatto per contraddistinguere filati e quella di un centauro per contrassegnare tessuti.

Fra i marchi misti verbali-figurativi si citano “grand soleil” per articoli da campeggio, e la dicitura “polo by Ralf Lauren” accompagnata dall’immagine di un cavaliere con mazza da polo, per capi d’abbigliamento.

Un altro marchio misto che merita di essere ricordato in quanto indicato in passato come esempio classico di marchio forte in cui si è riusciti a conciliare assai felicemente la funzione distintiva (arbitrarietà e fantasia) con quella “pubblicitaria” (vedasi il suggestivo accostamento concettuale col prodotto non diretto ma mediato da trasposizione metaforica) è il marchio discografico costituito dalla figura di un cane in ascolto di fronte a un fonografo a tromba, associata alla scritta “La Voce del Padrone”.

Ad evidenziare la tutela più ampia di cui godono i marchi forti rispetto a quelli deboli si ricorda che sono stati ritenuti contraffatti “Longines” da “Longer”, la predetta immagine di centauro dalla parola “centaurus”, il predetto marchio misto “polo by Ralf Lauren” dall’immagine di un cavaliere con lancia e vessillo accompagnata da tutt’altra scritta.

Criteri di Scelta del Marchio

La scelta e la creazione di un nuovo marchio non dovrebbero essere esclusivamente rivolte a soddisfare canoni o preferenze di natura pubblicitaria e commerciale, ma dovrebbero tenere in debito conto anche i problemi di validità e di futura difesa passiva e attiva del marchio, con particolare riguardo ai pericoli di eventuale contraffazione di marchi anteriori, di futuri attacchi alla sua validità e di possibili sue future imitazioni.

I pericoli di possibile contraffazione di marchi anteriori e di mancanza di novità possono essere scongiurati mediante preventive ricerche di novità su banche dati.

Quelli di futuri attacchi alla sua validità e di possibili future imitazioni dovrebbero essere prevenuti assicurando al marchio la maggior distintività, vale a dire improntando la sua ideazione a creatività e fantasia.

Un marchio la cui funzione descrittiva di qualità del prodotto sia diretta ed esplicita, pur risultando di più facile creazione e pubblicitariamente più appagante, comporta o forte ri-schio di nullità e sua indifendibilità dalle imitazioni o, nella migliore delle ipotesi, sua debolezza e tutela ridotta sostanzialmente alla sua pedissequa imitazione.

Inoltre poichè la creazione di un nuovo marchio in funzione descrittiva rappresenta la via più facile e quindi la più battuta anche da altre aziende, i rischi di nullità o debolezza non sono unicamente quelli legati al suo carattere descrittivo ma sono anche quelli dovuti alla maggiore probabilità di marchi simili anteriori, i quali oltretutto aumentano i rischi di conflittualità.

La creazione di un marchio improntato ad arbitrarietà e fantasia, pur comportando mag-gior sforzo ideativo, aumenta la difendibilità del segno distintivo sia dagli attacchi alla sua validità sia dalle sue imitazioni, oltre a diminuire sensibilmente le probabilità di possibili conflitti con marchi anteriori.

Quanto alla possibilità di conciliare nel nuovo marchio la predetta funzione “pubblicitaria” e quella distintiva, gli esempi citati dovrebbero essere sufficientemente illuminanti.

Si tratta in sostanza di creare un marchio non consistente in un messaggio per così dire in chiaro, fuori di metafora, sulle qualità del prodotto (come nei precedenti esempi “il panettone buono e basso”, etc.) ma realizzante un accostamento concettuale col prodotto di tipo indiretto, ossia mediato da traslazioni allusive e trasposizioni metaforiche (cfr. il marchio “La Voce del Padrone” registrato per dischi fonografici, “malizia” per biancheria intima femminile, “grand soleil” per articoli da campeggio).

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